
Non è mai facile recensire un film, soprattutto quando si parla di una storia “basata su eventi veramente possibili”, come si sottolinea nel manifesto promozionale.
“Don’t look up” è l’ultimo film di Adam McKay, regista che con “La grande scommessa” ha già dimostrato di saper trattare magistralmente argomenti di forte attualità mescolando insieme realtà, ironia e critica sociale. A colpire già nel primo approccio è il cast ultra-stellare: Leonardo Di Caprio e Jennifer Lawrence i protagonisti, al cui fianco figurano Meryl Streep e Jonah Hill; ma ancora: Cate Blanchett, Timothée Chalamet, e pure Ariana Grande.
La storia risulta particolarmente familiare. Un pericolo potenzialmente (anzi, sicuramente, visto che si parla del 99,75% di possibilità) catastrofico incombe sul pianeta Terra: una cometa sta attraversando lo spazio, e in poco più di 6 mesi colpirà il nostro pianeta. La voce degli scienziati si leva subito chiedendo a gran voce un intervento urgente, mentre la politica e i media polarizzano il dibattito in funzione dei loro obiettivi del momento. Il mondo si divide quindi in due fazioni: i sì-cometa, al fianco della comunità scientifica, e i no-cometa, che non credono al suo arrivo e riempiono i comizi cantando “Don’t-look-up!”.
Vi ricorda nulla?
È una sceneggiatura che sembra presa da qualche recente (se non recentissimo) dibattito. Non solo: può essere adattata a qualsiasi futuro tema d’attualità. Come l’in-realtà-decisamente-presente questione del cambiamento climatico. È proprio lo stesso Leonardo Di Caprio a richiamarla il giorno dopo l’uscita del film: “Potremmo non fermare questa cometa, ma possiamo fermare la crisi climatica”.
Un copione che infine riesce a risultare sorprendentemente convincente, pur se costellato di situazioni paradossali e satira esagerata. E riesce ad esserlo perché durante il film non si capisce mai quanto sia reale l’ineluttabilità promessa sin dai primi minuti: proprio come l’emergenza climatica, o anche la pandemia che ha rivoluzionato le nostre vite negli ultimi due anni.
La vena satirica che si prende gioco di politica e media è evidentemente opera in particolare di uno dei due sceneggiatori, David Sirota, senior advisor nella campagna di Bernie Sanders del 2020. Nel coro “don’t-look-up” possiamo quasi sentire il “lock-her-up” trumpiano, così come nella Presidente degli Stati Uniti possiamo rivedere lo stesso immaginario solitamente riservato a Trump, tanto frivolo quanto innamorato di sé e del potere: non è un caso che i familiari di entrambi siano assunti nei rispettivi staff presidenziali.
Se è praticamente inutile parlare della prestazione del cast, è il montaggio a meritare una menzione speciale. Le scene del film vengono intervallate a immagini che, seppur talvolta anche troppo stock, danno un respiro davvero ampio alla portata delle vicende, altrimenti sempre costrette tra le mura delle varie location. Una normalità così normale da non essere più notata, che si scontra con forza con il pericolo incombente, rendendolo reale per tutti e non solo per i pochi personaggi rappresentati, che è spesso la sensazione che pervade i film catastrofici.
È un film infine molto godibile, che forse risente però della sua promozione. Appare evidente infatti il tentativo di venderlo come un film comico che, nei fatti, non è poi così tanto. Una scelta che in Italia in periodo natalizio rischia di darne un’immagine ancora più distorta, considerato che la somma di comicità e Natale dalle nostre latitudini fa rima con cinepanettone.
“Don’t look up” fa pensare, senza davvero far pensare. Non si può dire che sia un film impegnato, profondo e con molteplici livelli di lettura. Non vuole esserlo, e non pensa di esserlo. È un film che racconta una storia assurda, ai limiti della realtà, con un linguaggio semplice e diretto, sfruttando sapientemente cliché e senso comune, per dare allo spettatore gli strumenti per pensare poi al proprio contesto.
Non è un film che cambierà la storia del cinema, ma potrebbe cambiare la storia di qualche persona. Fosse anche di solo una, sarebbe un giorno guadagnato dall’estinzione. Quella vera. Chiamatela cambiamento climatico, chiamatela pandemia: è lì, ed è possibile. Don’t look away, parafrasandone il titolo.