Idraulica sociale

Genealogia della cura: COSA, CHI, COME, PERCHÉ? Ma anche DOVE – parte 2

3 Mins read

Seconda puntataLa donna e la cura

Il tema “la donna e la cura” è decisamente complesso e poliedrico, pertanto si presta a essere sviluppato in numerose direzioni.

Per evitare il rischio di essere dispersivi, abbiamo scelto di concentrarci su di un filone che prende spunto dal lavoro di due docenti del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino.

Claudia Piccardo e Mara Martini scrivono della cultura della cura in relazione al lavoro delle donne nelle cooperative sociali, ma offrono una serie di considerazioni generali importanti.

In particolare mettono in evidenza come “la complessità e la ricchezza del lavoro di cura trovino privilegiata, ancorché non esclusiva, declinazione nell’identità di genere femminile caratterizzata dalla continuità, dalla naturale disposizione a mettere in relazione tra loro ambiti e dimensioni diverse.”

La cultura della cura declinata al femminile, dunque, travalica la consueta definizione di terapia per la guarigione da uno stato di malessere, acquisendo un’interpretazione estensiva come “attuazione delle condizioni per il benessere”. È il superamento dell’approccio meramente terapeutico/riparativo e l’approdo a un’idea più ampia di benessere complessivo che richiede uno “slancio creativo” come terorizzato dal medico e psicologo Enzo Spaltro.

In termini più tecnici, tale slancio presuppone un investimento libidico che fa coincidere lo “stare bene” e il “far star bene” attraverso un lavoro che possiamo definire di riproduzione.

E la riproduzione così intesa richiede creatività- come ci ricorda la sociologa Marina Piazza- e ha come requisiti la capacità di ascolto, di compassione e di immaginazione – che si traducono nel saper stare nella relazione in modo autentico e creativo, con continuità e naturalezza.

Cura diventa quindi farsi carico dell’altro in modo complessivo, delle sue esigenze, dei suoi desideri, dei suoi limiti e anche delle sue risorse.

Un’altra lettura interessante della cura riguarda la capacità generatrice di nuove “situazioni possibili”, ossia di contesti diversi pensati come risposta specifica alle esigenze che si presentano di volta in volta. In questo senso, curare significa creare una cornice che consenta all’altro di crescere e vivere bene. Interpretazione che, di nuovo, chiama in causa la capacità di riproduzione.

Qui entra in gioco la capacità riproduttiva femminile che, inevitabilmente, viene messa a confronto con quella produttiva. Questa seconda, frutto della collusione tra forme di sviluppo economico e cultura patriarcale consolidatasi nel tempo, è stata a lungo una prerogativa del maschio: a essa sono stati finalizzati livelli di istruzione alti ed è stata attribuita grande visibilità sociale, tanto da identificarla con il potere.

I lavori di riproduzione (e non solo in senso biologico) sono invece storicamente compito esclusivo del femminile. Si tratta di attività svolte per lo più nel privato, senza alcun riconoscimento sociale e semmai insegnati in scuole di livello più basso – si pensi alla cura della casa, della famiglia, al cucito e alle professioni di assistenza in generale.

Questa divisione forzata dei ruoli è durata a lungo e ancora permea la nostra società, e anche se molte donne oggi hanno recuperato il tempo perduto “trasferendosi” sempre più numerose nel mondo della produzione, il loro lavoro è spesso prolungamento professionale del ruolo di cura e rimane quasi sempre visto come necessario, ma secondario a quello che le impegna in famiglia.

E così anche nel 2021 la cifra identitaria del femminile resta legata al mondo della riproduzione e alla sua capacità di cura come componente costitutiva e caratterizzante.

Volendo concludere con uno sguardo alla situazione contingente, la pandemia ha fatto emergere a livello planetario un enorme e diffuso bisogno di cura che assume una dimensione universale, rendendone necessaria la democratizzazione. 

Giorgia Serughetti- ricercatrice presso l’Università Milano Bicocca- nel suo “Democratizzare la cura/curare la democrazia” suggerisce di “mantenere aperta la faglia della crisi pandemica, illuminare le contraddizioni che ha fatto emergere e offrire visioni alternative capaci di produrre cambiamento”.

Le contraddizioni cui si riferisce riguardano il sistema sanitario nazionale, che ha mostrato le carenze più gravi nelle regioni dove la cura è stata mercificata per favorire le strutture private e i relativi modelli efficientisti e imprenditoriali a scapito del pubblico.

Analoghi problemi sono emersi dall’universo delle residenze per anziani, divenute luoghi di infezione e di morte non solo per il virus, ma anche a causa di un modello di assistenza che va necessariamente ripensato – anche e soprattutto in considerazione del progressivo invecchiamento della popolazione italiana.   

Infine sono venute alla luce le crepe del sistema di protezione sociale, che ha lasciato scoperte intere categorie di lavoratrici e lavoratori, peraltro con una disoccupazione decisamente sbilanciata a danno delle donne (e senza la tenuta familiare garantita dalle donne non ci sarebbe stata tenuta sociale!).

Ci pare di poter concludere che la crisi che stiamo vivendo è una crisi del modello che ha visto finora la cura sottomessa ai valori del mondo produttivo, nel pubblico come nel privato, e che questa crisi chieda che la cura debba essere ripensata proprio attraverso le procedure e i principi della democrazia. 

Related posts
Idraulica sociale

Salute mentale: dal personale al sociale e ritorno

1 Mins read
Riprendiamo il filo di alcune conversazioni tenute durante Fornaci Rosse un mese fa e torniamo sulla riflessione per cui le disuguaglianze, vulnerabilità,…
Idraulica sociale

Disinnescare le disuguaglianze per curare la società

2 Mins read
Le differenze esistono, inevitabilmente, da sempre. Non vanno negate, vanno riconosciute, ma soprattutto non devono essere tradotte, nella costruzione sociale, come disuguaglianze…
Idraulica sociale

Genealogia della Cura: cosa, chi, come, perché? Ma anche dove

5 Mins read
Shibboleth, di Doris Salcedo. Tate Modern Gallery, Londra, 2007 PREMESSA La Cura è ritornata come sfida, al centro del dibattito politico e…