Politica

In Veneto c’è un problema con l’informazione.

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di Leonardo Nicolai

Se si chiede a una persona di pensare a un’immagine di una conferenza stampa, questa penserà a un oratore dietro a un tavolo o un leggio, e di fronte tutta una serie di giornalisti e fotografi. In Veneto non è così: se chiedete a un veneto di pensare a una conferenza stampa, vi racconterà bene di Zaia davanti a una sfilza di microfoni, e alle sue spalle l’interprete LIS e il logo su sfondo quadrato della Protezione Civile. Già questo piccolo gioco dovrebbe far capire molto della situazione dell’informazione in Veneto.

Chiariamolo subito: non ce l’abbiamo con giornalisti, editori o quotidiani. È un problema sistemico ben più grande di tutti noi, che però ha superato il limite.

Torniamo a Zaia, che da fine febbraio è più presente nelle nostre case di qualsiasi parente a noi più caro. C’è la diretta alle 12.30, da seguire, poi le interviste nei giornali delle 13, poi gli approfondimenti nei programmi delle 14, e le continue riprese nei tg delle 19 e nei talk successivi. Tra lockdown e restrizioni di questi mesi, abbiamo visto più Zaia dei nostri amici e talvolta dei nostri parenti. Alle medie dividevamo i nostri amici in quelli migliori e quelli del cuore, oggi abbiamo una nuova categoria: l’amico Luca.

Che però in questi giorni è andato in cortocircuito. Non è il tema dell’articolo, e quindi lo riassumeremo brevemente. In questi mesi il Presidente del Veneto ha interpretato il ruolo di quello che faceva sempre qualcosa in più degli altri: se l’Italia chiudeva, lui chiudeva di più; se l’Italia apriva, lui apriva di più. A maggio, appena usciti del lockdown, in Veneto si annunciava l’apertura delle spiagge, delle sagre, e infine delle discoteche. Nella realtà, però, ben pochi decidevano di aprire, salvo avere un’area abbastanza ampia dove garantire giustamente sicurezza. Ma mediaticamente Zaia ha sempre funzionato: d’altronde tutti vedono ciò che viene raccontato. Fino a ieri.

Il Governo, dopo un novembre di zone rosse, arancioni e gialle, si era avviato a un’apertura generalizzata, con l’obiettivo dichiarato di avere un’unica zona gialla per le Feste. La scelta era dettata dal buon andamento dei positivi, ovunque in discesa. Tranne che in Veneto.

In queste ultime settimane il Veneto ha visto un continuo aumento dei casi, degli ospedalizzati e delle terapie intensive (TI) occupate, ma è sempre rimasto zona gialla. La spiegazione completa del perché si può leggere in questo articolo di YouTrend. Uno dei motivi principali comunque era la scarsa pressione ospedaliera dei ricoverati in TI: questa viene calcolata con una semplice frazione, ricoverati diviso posti totali. Ci perdonerete la spiegazione matematica, ma giusto per esser chiari il risultato di questa frazione sarà tanto più basso quanto il numero dei ricoverati sarà più piccolo di quello dei posti totali. Ci sono due possibilità quindi perché questo numero rimanga contenuto: che i ricoverati siano pochissimi, o che, a fronte di molti ricoverati, i posti totali in terapia intensiva siano moltissimi.

In una pandemia il numeratore di questa frazione (i ricoverati) è destinato a salire rapidamente. In Veneto, per intenderci, abbiamo raggiunto il picco della prima ondata. Ma la nostra Regione è sempre stata comunque considerata a basso rischio per la pressione sul sistema sanitario. Perché? Perché è appunto aumentato di molto il denominare della frazione, il numero di posti in TI. Un grande successo parrebbe: in questi mesi infatti in Veneto a guardare i numeri le terapie intensive sono raddoppiate, e delle 1.279 nuove realizzate in Italia, addirittura 331 sono state realizzate in Veneto (il 30%!). Ma ieri si è scoperto l’inganno, e a svelarlo è stato lo stesso Zaia: “le dotazioni di terapie intensive è nominale, perché non potrebbe mai esserci un organico sufficiente ad alimentarle”.

Ed eccoci al limite. Una notizia di una gravità inaudita. Dieci mesi di conferenze stampa e la contro-informazione a Zaia alla fine è stato Zaia stesso. È stato in questo momento che la corrente è saltata nel mezzo della festa. Si sono trovati tutti al buio, spaventati, mentre Dj Luca urlava di stare tranquilli mentre iniziava ad alzarsi un certo vociare. C’è chi ha iniziato a correre al guardaroba per tornare a casa, chi ha iniziato a chiedere i soldi del biglietto. Ma dopo poco la corrente è tornata: e se la festa si ferma non si può che riprendere con ancora più energia. Ed ecco Dj Luca lanciare il suo pezzo migliore: una nuova ordinanza, improvvisata e caotica, ma trascinante.

Ma c’è chi si è un po’ risentito, e si è diretto alla cassa a chiedere il rimborso. È successo ieri, alla conferenza quotidiana. Un giornalista non ha potuto trattenersi e ha dovuto chiedere conto a un “Doge” che sparava contro al Governo che cambiava continuamente idea: “anche Lei ha detto no lockdown e si è battuto per l’apertura delle piste da sci; anche Lei, se mi permette; mi pare folgorato sulla via di Damasco”.

Ed eccoci al superamento del limite: la risposta è gravissima, inaccettabile in un sistema democratico. Eppure passata sotto silenzio. La riportiamo: “Io vi invito a darci una mano a fare in modo che questo rimbalzo di dichiarazioni non diventi il premio Nobel del social del ‘questo ha cambiato idea’. L’alternativa è che chiudiamo la conferenza stampa di ogni giorno, facciamo un comunicato monocratico e unidirezionale, avete tre dati e due commenti e finita lì. Se il principio è ‘un mese fa aveva detto questo, otto mesi fa quest’altro’ non ci siamo più”.

Una minaccia vera e propria. Un giornalista ha cercato di capire il perché di un cambio netto di marcia – mentre peraltro si stavano criticando il cambio di passo altrui – e in tutta risposta è stato paventato il rischio di far saltare per tutti la conferenza stampa quotidiana, “fatta per loro” a detta del Governatore. Una scena che ricorda il maestro e i bambini delle elementari: se non fate i bravi salta la ricreazione per tutti.

L’abbiamo detto: abbiamo superato il limite. E oggi ci troviamo nel baratro. Ieri sera infatti è stata pubblicata la famosa ordinanza che lancia ancora una volta il Veneto in un piano diverso rispetto all’Italia. Un’ordinanza che – basta leggerla – risulta raffazzonata, poco chiara, e con moltissimi margini di libertà, contrariamente alla grande chiusura annunciata.

E questo è oggi il titolo di un giornale: “Lockdown dal volto umano”.

Benvenuti in Corea del Nord Est.

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