Mille lavori e solo lavoro in nero, sia con la forza delle braccia che dietro una scrivania, per anni: Salvo e Maria se ne andarono più di dieci anni fa da quell’Italia, in cerca di una vita diversa, di un luogo in cui ambire ad un lavoro dignitoso e alla possibilità di esprimersi al contempo.
Questa puntata è una conversazione con due expat italiani, due rappresentanti di un fenomeno che nel 2019 (ultimo anno da considerare, prima della pandemia) può conteggiarsi ad esempio nella richiesta di residenza all’estero di 130’936 italiani, in stragrande maggioranza al di sotto dei 45 anni. Questo dato di per sé è parziale, non tiene conto di tutti quelli non registrati, ma ci dà un’idea delle dimensioni della questione: è come se in un anno una città italiana abitata da quasi solo giovani si fosse trasferita all’estero.
Salvo e Maria oggi vivono a Barcellona, città che nell’immaginario collettivo associamo ad una fervida cultura urbana, alle tendenze estetiche del momento, ad uno spirito libertario e in generale all’innovazione. Oltre ad essere accomunati dalla passione per la capoeira, i nostri ospiti sono legati entrambi a quest’ultimo aspetto della città, lo sviluppo tecnologico.
Lavorano difatti per due colossi dell’economia digitale: Salvo sfreccia in moto facendo consegne per Glovo, mentre Maria analizza informazioni per conto di Amazon.
Abbiamo parlato con loro delle faglie che si stanno creando in quel mondo, dalle mobilitazioni dei lavoratori alle riforme apripista (proprio in Spagna) del mercato del lavoro. Perché dietro le false promesse di maggiore libertà rispetto ai lavori tradizionali, autonomia o flessibilità, dietro la dichiarazione di facciata del “siamo tutti felici e creativi”, ci si inoltra a pié sospinto nella giungla dello sfruttamento. Oggi come ieri, agli albori del capitalismo industriale.
Anche allora si combatterono battaglie, sul posto di lavoro e nei tribunali, nei giornali e nei parlamenti. Si ottennero diritti e tutele, come la giornata di 8 ore.
Questo podcast nasce con l’intento di raccogliere voci, ma anche con l’auspicio di ritrovare il tempo che ci viene sottratto da un sistema fatto a vantaggio di pochi e a danno di tutti gli altri, un sistema sempre pronto a convincerci con tutti i mezzi di quanto sia bello vivere la precarietà.
Nessuno può ridarci quel tempo, spetta a noi combattere le nostre battaglie!