
Oggi non dovremmo accettare gli auguri, anche se forse ci fa piacere riceverli in un giorno diverso dal compleanno o ci riempie di orgoglio di categoria. Storcendo il naso, potremmo fingere di gradire il solito mazzo di mimose in regalo (che anche se puzzano orribilmente, almeno sono una tradizione tutta italiana legata alla lotta partigiana e alla necessità di commemorare la giornata dedicata alla donna con un fiore popolare, poco costoso e facile da trovare nei campi alla fine dell’inverno). Quello che proprio dovremmo rifiutare è celebrare questa ricorrenza come fosse una “festa” qualunque, in cui “per una volta possiamo andare a divertirci” (senza essere considerate delle troie), sorridendo a chi ci consegna questo giorno come un contentino e spende il resto dell’anno a denigrarci, con un dispendio di suggerimenti indesiderati su come dobbiamo parlare e comportarci.
Oggi è il momento designato per fermarsi a riflettere sui traguardi raggiunti nella lotta alla discriminazione di genere, ricordando le battaglie del passato, e l’occasione per programmare l’agenda del futuro. In Europa da questo punto di vista ci sono ancora traguardi da raggiungere: secondo l’Indice sull’uguaglianza di genere 2020, curato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) mancano ancora 60 anni, per poter raggiungere la piena parità, mantenendo il ritmo attuale, che sicuramente ha risentito dell’emergenza Coronavirus. Le donne hanno pagato il conto più salato della crisi scoppiata con la pandemia: sovra rappresentate nei settori più occupati durante il lockdown, come i servizi di vendita e l’assistenza sanitaria, sono state più esposte al contagio, per altre invece la quarantena ha significato l’aumento del carico di lavoro invisibile, la riduzione forzata di stipendi e orario a part-time per gestire smart-working, incombenze domestiche e cura dei bambini a casa. Sebbene il telelavoro sia stato accolto come uno strumento potenzialmente in grado di cambiare gli squilibri nella distribuzione delle fatiche domestiche, una ricerca del centro Genders dell’Università di Milano ha rilevato che la richiesta di supporto ai percorsi scolastici dei figli è gravata maggiormente sulle donne.
L’impatto sull’impiego femminile in Italia è stato gravissimo: da aprile a settembre 2020 si ha avuto un calo dell’occupazione di 402mila posti di lavoro, il doppio rispetto alla media non rosea dell’Unione Europea, e in generale il tasso di occupazione femminile è inferiore di quasi 18 punti rispetto a quello maschile, facendo sì che le donne italiane siano le meno occupate d’Europa.
Anche rispetto al tema della violenza di genere i risultati sono stati negativi: secondo il monitoraggio di ActionAid, tra marzo e giugno il numero delle chiamate di aiuto è più che raddoppiato, a dispetto di una riduzione dello staff dei centri antiviolenza e delle case rifugio (CAV), unici spazi che hanno continuato a lavorare nel sistema antiviolenza nonostante le restrizioni, con poche risorse e mancanza di piani preventivi.
Ora più che mai è necessario sensibilizzare le coscienze a non scendere a compromessi con una società imparziale, a non dare per scontati i nostri diritti, quando i dati e la cultura in cui siamo immersi mostrano disparità di trattamento evidenti. Perché accondiscendere a una mentalità che non ci rappresenta, quando possiamo dare voce alla nostra singolarità? Gli strumenti per farlo sono alla portata di tutte/i e con l’impegno personale, non solo quello delle istituzioni, possiamo insieme ambire a un mondo migliore.
Il sapere si fonda sulle esperienze condivise.
Per ora vi invitiamo a guardare “Tutte a casa”, un documentario partecipativo finanziato grazie a una campagna di crowdfunding, in onda su La 7d (canale 29) questa sera alle 21.30. Il video raccoglie le testimonianze di tante donne diverse per età e professione alle prese con le difficoltà causate dal Covid-19, che si interrogano – e ci interrogano – sui cambiamenti da apportare nella nostra società dopo l’emergenza e sull’importanza di valorizzare il capitale umano femminile inespresso e svilito.