
Qualche settimana fa la nonna di una cara amica è mancata dopo aver contratto il Covid-19. Avendo provato sulla pelle il dolore per la perdita di un familiare causata dal virus, ho accolto con grande dispiacere la notizia. Tuttavia, a colpirmi ancor più profondamente è stato un articolo che l’amica in questione mi ha inoltrato, pubblicato sul Giornale di Vicenza, in cui della nonna era fatta esplicita menzione. La salma della signora, una fedele musulmana di origine marocchina, non poteva essere rimpatriata date le circostanze della morte, né poteva essere seppellita a Vicenza, dove abitano i figli. Perché? Perché a Vicenza, pur essendoci una comunità di oltre 20.000 fedeli in tutta la provincia, non esiste un luogo di sepoltura per i musulmani.
Quando l’articolo è stato scritto la famiglia della mia amica era ancora in attesa di conoscere la destinazione della loro congiunta, ma io so bene come si è conclusa la vicenda: dopo aver ricevuto il rifiuto di svariati cimiteri islamici del Veneto (di dimensioni relativamente ridotte, accettano solo i residenti) sono riusciti a seppellire il corpo a Cremona, unico posto che l’abbia accettato. Tralasciando il fatto che la defunta non avesse alcun legame con la città di Cremona, è lì – a distanza di un centinaio di chilometri – che i suoi parenti dovranno recarsi per porgerle un saluto. Questo fatto mi ha sconvolto come cittadina, oltre che amica.
Una breve ricerca su Google mi ha permesso di capire come la questione della sepoltura per i fedeli islamici in Italia sia una problematica urgente da risolvere. A giudicare dal susseguirsi di articoli in merito presenti sulle maggiori testate nazionali da maggio a oggi, è evidente come lo scoppio della pandemia abbia reso ancor più necessaria una soluzione alla carenza di cimiteri predisposti. Prima della crisi pandemica, racconta il presidente dell’UCOII Yassine Lafram a Il Post, in Italia si contavano solo circa 50 cimiteri musulmani su quasi 8.000 esistenti in tutto il territorio. Con la chiusura delle rotte aeree e marittime verso l’estero e il fermo di molti Stati, i corpi dei deceduti musulmani per Coronavirus non possono essere trasportati nei luoghi d’origine, com’era prassi diffusa soprattutto per le persone più anziane emigrate. L’esportazione, benché frequente, non è una soluzione efficace a lungo termine perché per la religione musulmana il funerale deve essere realizzato nel minor tempo possibile e l’attesa della sepoltura deve esser ridotta al minimo, il che è un traguardo difficilmente raggiungibile se si calcolano i tempi per ottenere i permessi e i biglietti aerei.
Anche in condizioni non d’emergenza sono molti i casi per cui si rivela fondamentale la creazione di luoghi ad hoc: per i bambini morti prematuramente, per chi non ha il sostegno delle famiglie per il trasferimento in patria – sia per carenze economiche o difficoltà nell’individuazione della parentela – o semplicemente per quella terza generazione che non ha rapporti con il paese di provenienza e può non avere interesse a essere sepolta nella terra dei propri avi.
L’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia il 29 marzo 2020 ha pubblicato le proprie indicazioni in materia cimiteriale: tra le sue caratteristiche, il cimitero musulmano esige la sua specificità, ovvero deve essere un appezzamento di terra se non completamente separato, almeno isolato all’interno di un cimitero esistente e recintato con divisori visibili. Anche l’ossario non può essere misto. E’ fatto divieto nella pratica religiosa la cremazione e la tumulazione, mentre è concessa solo l’inumazione del cadavere, che deve avvenire rispettando la direzione della Qibla, ossia con il viso rivolto verso La Mecca, e possibilmente avvolto in un lenzuolo, detto kaflan. Non è richiesto nessun ornamento specifico (è usanza e non obbligo disporre una lapide commemorativa o delimitare la tomba con dei sassi), ma la zona di sepoltura deve essere riconoscibile così da non camminarci sopra, dunque è possibile avere un rialzo del terreno fino a 30 cm. La legge islamica specifica che in casi straordinari i riti funerari possono essere modificati.
La Costituzione italiana prevede il diritto di libertà religiosa e di professare il culto. Per natura stessa del diritto lo Stato è tenuto ad astenersi da quegli atti che possano impedirne il libero esercizio (purchè non si tratti di riti contrari al buon costume). Il D.P.R 10 settembre 1990, n. 285 “Approvazione del regolamento di polizia mortuaria” stabilisce al capo XX, art. 100, che i piani regolatori cimiteriali “possono prevedere reparti speciali e separati per la sepoltura di cadaveri di persone professanti culto diverso da quello cattolico.” La facoltà di concedere un reparto a un gruppo religioso diverso può essere parimenti data dalle autorità comunali.
Analizziamo ciò che è successo a Vicenza:
LA PREMESSA
Il 7 febbraio 2017 la giunta presieduta dall’allora sindaco Achille Variati, in conformità con quanto prevede la legge italiana sopraccitata, approva una delibera di modifica del “Regolamento per i servizi funebri e cimiteriali” che prevede la creazione di reparti speciali nei cimiteri da riservare a comunità religiose o a categorie di persone individuate dal Comune stesso. A tal proposito, si implementa la facoltà di stipulare con le associazioni e i privati accordi per la manutenzione delle aree individuate senza onere per il Comune. La modifica viene effettuata dopo che la comunità islamica ha fatto pervenire la propria richiesta e si è raggiunta un’intesa per superare le prescrizioni religiose incompatibili con l’ordinamento italiano (da accettarsi la convivenza con simboli di altre religioni, l’impossibilità dell’inumazione nel lenzuolo, garantita invece l’osservanza del seppellimento con il viso in direzione della Città Santa).
Il 4 aprile 2017 la medesima giunta approva all’unanimità una delibera che individua un’area adatta all’interno del cimitero maggiore monumentale di Vicenza. Varie destinazioni sono ipotizzate (tra cui il Cimitero Acattolico di Via Fratelli Bandiera) prima di concordare su una zona verde attigua al Lotto 21, che può ospitare più di 50 salme, ma necessita di un intervento preliminare di bonifica e di fornitura di terreno idoneo, eseguito a spese e cura di AIM Amcps, come previsto dal contratto per la gestione dei servizi funebri e cimiteriali. La manutenzione comunque è a carico del Centro islamico di Vicenza Ettawba. Il progetto definitivo di realizzazione dei primi lavori, per una spesa complessiva di 55.000 euro, viene dichiarato eseguibile a maggio 2018.
LA SVOLTA
A gennaio 2019 la giunta di centrodestra presieduta dall’attuale sindaco Francesco Rucco pone un fermo ai lavori e sembra fare retromarcia sulla questione delle tombe islamiche all’interno del principale cimitero cittadino. Non più il lotto indicato da Variati, ma una porzione del cimitero di Polegge. Il 2 ottobre 2019 avviene un ulteriore e definitivo cambio di rotta, con la conversione di parte del terreno precedentemente destinato alle sepolture islamiche in “Giardino degli angeli”, ossia cimitero per i bambini venuti alla luce entro la ventottesima settimana (i cosiddetti prodotti abortivi) di cui i familiari non intendono farsi carico, e che altrimenti verrebbero smaltiti dall’Ulss. L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra Comune, Ulss 8 Berica e Diocesi di Vicenza e la condivisione dello spazio è accettata dalla comunità islamica. Il costo complessivo della conversione è di circa 150.000 euro, con un primo stralcio di 60.000 euro. I lavori hanno avvio il 18 maggio 2020. Oggi la prima parte del cantiere è completa e visibile e si presenta come un’aiuola verde circondata da una sezione semicircolare in ghiaia e da una passerella. I restanti tre quarti della superficie del giardino resteranno a disposizione dei musulmani.
IL FATTO
La giunta riferisce alla comunità islamica che in una seconda tranche, solo dopo il completamento dell’area cimiteriale per i feti abortiti, verrà realizzato il cimitero da loro tanto atteso, ma nonostante le promesse nessuna data viene stabilita. Anzi, viene comunicato che i fondi, inizialmente previsti e vincolati al loro progetto, ora non sono più disponibili. Rom Abderrahim, Presidente di Ettawba (che non è l’unica associazione musulmana della città), raccontandomi dell’evolversi della situazione, si dice estremamente frustrato e rattristato dalla mancanza di chiarezza. Asserisce che il sindaco Rucco si è dimostrato molto collaborativo e che un ruolo fondamentale nelle negoziazioni è stato svolto dalla Diocesi e specialmente da monsignor Giuseppe Dal Ferro, ma non comprende le motivazioni del rinvio del progetto. Altri soggetti che si occupano di Islam in città stanno dando il via a petizioni e appelli sui giornali.
Molte sono le domande a cui ci pone di fronte questo fatto: perché la scelta del luogo per il “Giardino degli angeli “ è ricaduta su un terreno già individuato per un altro scopo? Perché il cimitero acattolico di Vicenza, seppur brevemente preso in considerazione nelle ipotesi, è stato scartato? Ma soprattutto, dove sono finiti i soldi assicurati alla comunità islamica? E come mai le priorità del Comune sono cambiate così rapidamente? Il documento di delibera all’avvio dei lavori per il campo delle sepolture infantili si conclude con una dichiarazione che la rende urgente e immediatamente eseguibile. Con simile retorica altisonante, nelle parole di Matteo Celebron, l’assessore con delega ai lavori pubblici, si ha fretta di inaugurare il cantiere perché si vuole “dare una risposta concreta alla città in un periodo in cui il tema dell’importanza della vita è tornato centrale”.
Tralasciando (per ora) le implicazioni di natura ideologica di una dichiarazione del genere – non possiamo non scorgervi un’allusione alla maternità e alle scelte a essa connesse – come si può affermare platealmente di rispettare la vita – suggerendo che alcune di queste scelte evidentemente non la rispettano – quando se ne impedisce una degna conclusione ai propri cittadini? A me sembra che la tutela della vita e della morte valga solo per alcuni.