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V come Vittoria – 2 parole di introduzione

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Pubblichiamo in questo spazio la serie di saggi “How to win the 20s”, pubblicati su Novara Media da James Schneider, che è stato il portavoce di Jeremy Corbyn ed è ora il responsabile comunicazioni della Progressive International. Per chi non conoscesse la storia recente della politica britannica, Jeremy Corbyn è un socialista di lunga data, un pacifista e un internazionalista, un parlamentare ribelle rispetto alla linea del proprio partito, quel Labour Party responsabile della guerra in Iraq e di svariate privatizzazioni.

Nell’estate del 2015, del tutto inaspettatamente, Corbyn vinse le primarie e diventò leader di partito, avvicinando il Labour Party alle istanze dei movimenti sociali e spingendo moltissime persone nuove a iscriversi e diventare militanti. Il profilo radicale di Corbyn attirava consensi fuori dal proprio partito, ma era fortemente osteggiato da parlamentari e funzionari dello stesso Labour, nonché dall’apparato mediatico. Nel dicembre 2019, in un giro di elezioni che costituivano un ulteriore voto sulla Brexit, Boris Johnson diventò primo ministro, grazie anche al voto di zone deindustrializzate in passato roccaforti del Labour, Corbyn si dimise da leader di partito e all’inizio del 2020 prese invece il suo posto Keir Starmer, un esponente dell’ala moderata.

“How to win the 20s” vuole essere una guida per la sinistra su come vincere negli anni ’20, una decade funestata dall’avvento del fascismo nel secolo scorso. James Schneider, come leggerete, descrive i grandi cambiamenti politici che investono le società ricorrendo alla metafora delle ondate, termine a cui la pandemia ha associato connotati negativi, ma di ondate e maree progressiste parla inoltre un altro pensatore di cui un anno fa abbiamo tradotto un contributo, il boliviano Álvaro García Linera. I pensieri e le esperienze provenienti da diverse parti del mondo non possono di certo essere trapiantate e funzionare allo stesso modo in un contesto diverso, crediamo però nell’importanza delle traduzioni e ci auspichiamo che gli anni ’20 del secolo attuale arriveranno ad essere quella che in America Latina definiscono decada ganada, un decennio in cui si è vinto.

Il 2020 fu un anno misero, non solo per l’ovvia ragione che è stato largamente trascorso durante una pandemia globale, ma perché fu un anno in cui molti di noi hanno smesso di credere che le cose possano andare diversamente.

Jeremy Corbyn alla guida del Labour Party aveva dato speranza a milioni di persone che il cambiamento fosse possibile e, meglio ancora, che loro stesse potessero determinarne l’esito. Nel 2020 venimmo etichettati come sciocchi e pericolosi per aver creduto in qualcosa del genere, persino per averla desiderata. Gli adulti erano tornati, ci venne detto.

L’attuale guida del Labour Party sta distanziando il partito dai sindacati che lo crearono e dai membri più attivi, in favore di una strategia che rafforza il capitale con la concessione di blande riforme.

Ma le condizioni che diedero origine a Corbyn, nonché le coraggiose formazioni politiche da lui rappresentate, non sono andate via. Se il disastro dell’Iraq e la guerra al terrore erosero il consenso di massa per il sistema politico-economico, fu nel 2008 che le squame caddero dai nostri occhi: in capo al sistema non c’erano tecnocrati capaci, ma incompetenti e truffaldini.

Il progetto di Corbyn rappresentava una risposta tardiva al discontento popolare e, nonostante la sconfitta, il supporto di massa per il sistema politico ed economico non ha fatto ritorno. La crisi del neoliberismo appare interminabile. Le disuguaglianze crescono mentre gli standard di vita precipitano. L’emergenza climatica accelera. E la classe dirigente non riesce a risolvere tutte queste contraddizioni crescenti.

Come socialisti, abbiamo trascorso fin troppo tempo a leccarci le ferite. Niente più ritirate e apologie – le sfide che fronteggiano il pianeta e la sua classe lavoratrice sono troppo grandi.

La situazione richiede azione – non solo perché ci serve organizzazione per soddisfare i bisogni immediati delle persone, ma perché la debole morsa sugli eventi da parte della classe dirigente rappresenta un’opportunità per un cambio di sistema. Nessun altro coglierà questo momento al posto nostro provvisto delle nostre stesse intenzioni. Come socialisti, dobbiamo approcciarci agli anni ’20 con ritrovata determinazione, fiducia in noi stessi e, più importante di tutto, un piano.

La lotta sociale avanza su due piani, a volte su entrambi contemporaneamente. Il periodo di Corbyn seguì prevalentemente una fase: l’ondata. Le ondate coinvolgono il confronto diretto e drammatico tra forze sociali, in cui l’equilibrio del potere può spostarsi drasticamente con la vittoria di una parte. Il teorico italiano Antonio Gramsci l’ha denominata guerra di movimento: momenti intensi e urgenti in cui l’impatto delle azioni può essere avvertito quasi del tutto immediatamente.

La seconda fase della lotta sociale è la battaglia per l’influenza, che assume centralità nell’intermezzo delle ondate e costruisce il terreno su cui le future mobilitazioni verranno combattute. Piuttosto che restare nullafacenti in attesa della prossima ondata, cerchiamo di avanzare la posizione progressista e rafforzare la nostra organizzazione in tutti i modi possibili. Gramsci la chiamò guerra di posizione ed è di vitale importanza, per quanto meno gratificante nell’immediato.

Mentre alcune narrazioni del Corbynismo ne attribuiscono la sconfitta a specifici fallimenti strategici o errori tattici, una valutazione più utile si estenderebbe al periodo antecedente a Corbyn, quando l’influenza e l’organizzazione socialista avvizzirono, perché è su quella terra bruciata che Corbyn e i suoi furono forzati a dare battaglia. Il nostro compito è assicurarci che la prossima ondata possa operare su un terreno più propizio.

Ricostruire il socialismo in questo periodo significa retrocedere dalla politica quotidiana per sviluppare una strategia. Descriverò tale strategia in una serie di saggi, che potrebbe essere breve, imperfetta o lacunosa, ma il suo scopo è alimentare il dibattito tra socialisti e provocarci a pensare come possiamo avere il massimo impatto possibile nella decade a venire. In breve, cerca di rispondere alla domanda: come possiamo vincere gli anni ’20?

Porrò delle domande sui movimenti che abbiamo bisogno di costruire, perché sono le azioni e non le parole a vincere le discussioni. Dopo cinque anni di ondata nel partito, il nostro lavoro più importante è ora costruire potenti movimenti sociali che possano proteggere e assicurare vite migliori alle persone oggi e spostare il terreno su cui poggia la politica nel lungo termine.

Guarderò al ruolo del Labour Party nella decade a venire e cosa possano fare i socialisti al suo interno. Argomenterò che non possiamo permetterci di abbandonare il partito. La sua attuale guida chiaramente non “promuoverà la lotta di classe”, ma la base degli iscritti supporta le politiche progressiste, mantiene il legame vitale con i sindacati, contribuisce a formare il discorso pubblico attraverso le azioni e potrebbe fornire un veicolo per un’avanzata socialista al governo, in futuro, a seguito di trasformazioni significative.

Quell’avanzata futura attraverso lo Stato sarà oggetto di approfondimento. Argomenterò circa la centralità dello Stato per qualsiasi strategia socialista; valuterò il relativo fallimento del Corbynismo nella comprensione critica e nella preparazione per il potere governativo; presenterò come il nostro movimento possa prepararsi per essere dentro e contro lo Stato.

Il lavoro non si esaurirà ai nostri confini. Esaminerò come costruire potere per la sinistra a livello globale. Il capitale è un reticolo diffuso globalmente, anche i socialisti devono esserlo.

Per finire, difenderò la causa di un approccio populista di sinistra nella comunicazione. Il discorso pubblico non è l’aggregato dei punti di vista e dei desideri del pubblico. Forze in competizione contribuiscono attivamente nel darvi forma e materia. I socialisti devono partecipare attivamente nei media ufficiali e indipendenti, rendendo popolari le nostre idee e sfidando quelle dei nostri avversari.

Presi assieme, questi saggi propongono un piano d’azione per i socialisti degli anni ’20, un piano che mi auguro sia in grado di offrire un intervallo sufficientemente ampio di azioni che i socialisti possono intraprendere immediatamente.

Non possiamo sapere cos’abbia in serbo il futuro per noi, né che forma avranno le sue opportunità e minacce. Sappiamo che ci sarà un’altra ondata progressista, le contraddizioni nel sistema globale sono troppo numerose e la rendono inevitabile. Il nostro compito per la prossima decade è costruire potere, indebolire i nostri avversari e prepararci per la prossima ondata.

Abbiamo un mondo da vincere. Prendiamocelo.

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