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V come Vittoria – Capitolo 3: lo Stato

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Come possiamo vincere gli anni ’20 e costruire un mondo migliore.

Dopo averci ricordato, con questa serie, che dobbiamo ambire a vincere questa decade, dopo aver trattato rispettivamente dei movimenti sociali e del partito, in questo saggio James Schneider affronta il tema dello Stato. Mettetevi comodi.

I socialisti non otterranno alcun cambiamento sociale significativo ignorando la questione del potere statale. Lo Stato non è un’istituzione neutrale, ma non è nemmeno il comitativo esecutivo della classe dirigente. Si tratta di una forza che plasma molte aree delle nostre vite attraverso leggi e tasse, punizioni e riconoscimenti.

I socialisti non hanno bisogno unicamente di un piano per afferrare le redini dello Stato, ma di una strategia per trasformarlo. Si tratta di un affare complicato. Dobbiamo sia farci coinvolgere dalla politica di partito che porci all’interno di istituzioni statali spesso messe in piedi contro gli interessi dei molti.

Per quanto molte delle scie luminose del Corbynismo seguissero le orme di Tony Benn, Ralph Miliband e Leo Panitch nel loro approccio “dentro e contro lo Stato”, i preparativi del partito per il governo erano insufficienti. I piani legislativi elaborati dal governo ombra tendevano a considerare il programma di partito come qualcosa di implementabile attraverso la macchina dello Stato esistente, senza mobilitazioni di massa e subendo pochi contraccolpi da parte dell’establishment. In seguito ad incontri con figure chiave dell’amministrazione pubblica a proposito del programma Labour del 2019, un componente della squadra di Corbyn rimarcò che la pubblica amministrazione era “genuinamente eccitata” all’idea di attuare la legislazione del Labour. Tali speranze si sarebbero infrante a contatto con la realtà.

Se intendiamo realizzare le nostre aspirazioni su lungo termine di arrivare in carica per trasformare il potere statale, non possiamo permettere che tali mancanze persistano.

Alcuni potrebbero ritenere che un tale focus sullo Stato sia donchisciottesco, dopo Corbyn: Starmer ha escluso i socialisti dalla squadra ed è un politico dell’establishment, non dei movimenti. Ma dobbiamo utilizzare questo tempo per sviluppare le nostre capacità di agire dentro e contro lo Stato, per trovarci pronti per la prossima ondata.

Quest’orientazione focalizzata sullo Stato non è di stampo parlamentare, ben lungi da ciò. Dobbiamo oltrepassare il leninismo parlamentare che implicitamente governava gran parte della direzione strategica del progetto Corbyn. Il parlamento non è il luogo in cui il movimento socialista è più forte, più dinamico o più avanzato.

Per avere successo nel mettere in atto riforme di vasta portata dobbiamo ottenere: un alto livello di organizzazione tra forze progressiste; un livello superiore di competenze nel navigare e resistere ai molti ostacoli posti sul cammino; un’abilità nel mobilitare sostegno di massa per le nostre politiche. Una strategia “dentro e contro lo Stato” richiede questi tre elementi assieme.

Lo scopo di questa strategia è di ottenere uno smottamento radicale nell’equilibrio di potere, reddito e ricchezza. Un passaggio di base e necessario è la vittoria alle elezioni all’interno del vigente sistema e rapporto di forze, così come riuscire ad attuare grandi cambiamenti che migliorino notevolmente le vite della stragrande maggioranza. Ma con il potere dovremo spingerci più in là, costruendo nelle persone la fiducia in sé stesse e le capacità per l’auto-governo collettivo mettendo in atto cambiamenti fondamentali, strutturali e istituzionali per democratizzare lo Stato, l’economia e la società.

Da quest’analisi segue che qualsiasi governo socialista deve approvare tre tipi di politiche nel suo primo mandato. Innanzitutto, serve una serie di misure immediate, usando le leve esistenti dello Stato, come tasse e spesa, per migliorare le vite delle persone. Poi servono le misure che permettono di mutare egemonia: devono essere radicali e attrarre opposizione – non parliamo di crediti di imposta, ma piuttosto di salario minimo. Infine, arrivano le riforme non-riformiste, che si spingono ai bordi del possibile (come la creazione del sistema sanitario nazionale negli anni ’40, l’istituzione di un dividendo di base universale al giorno d’oggi).

Il numero di proposte di questo terzo tipo che possono essere approvate dipende più dal rapporto di forze nella società e nel movimento stesso che non nelle capacità tecniche dell’amministrazione. Queste riforme non-riformiste, se implementate efficacemente, in modo da superare l’opposizione dell’élite, potrebbero fungere da cricchetto, creando un impeto dinamico in direzione progressista.

Un approccio così ambizioso da portare vantaggi reali alle persone nell’immediato, superando gli attacchi della classe dirigente e cambiando fondamentalmente l’equilibrio delle forze con riforme non-riformiste, richiederà alti livelli di competenza nel nostro movimento. Dobbiamo prepararci adesso.

Oltre a costruire movimenti e sviluppare le capacità del partito e la volontà collettiva di cambiamento reale, ci sono altre due attività da portare avanti immediatamente per prepararci.

Primo, abbiamo bisogno di educare il nostro movimento sulle sfide del potere statale per assicurarci che sia inteso seriamente come un luogo di conflitto. Gli sforzi di educazione politica, come The World Transformed, il Political Education Project e i programmi educativi dei sindacati dovrebbero sviluppare un corso in teoria e pratica dello Stato. Tale corso dovrebbe rendersi disponibile ai delegati sindacali, agli organizzatori di comunità, ai parlamentari socialisti, al loro staff, ai consiglieri e ai futuri candidati così come agli attivisti di base. Oltre a fornire una disamina dettagliata del funzionamento dello Stato britannico contemporaneo, combinerebbe il lavoro di teorici come Ralph Miliband, Nicos Poulantzas, André Gorz e Leo Panitch alle esperienze pratiche della sinistra con lo Stato, sia le esperienze storiche nel Regno Unito che all’estero.

Ma l’educazione va oltre lo studio. In aggiunta, i socialisti dovrebbero fare esperienza pratica nell’utilizzo dello Stato per fini progressisti attraverso il governo locale.

I Consigli hanno una cattiva reputazione. La loro capacità legislativa è stata ridimensionata al fine di renderli poco più che enti responsabili dell’implementazione di misure di austerity. Alcuni sono corrotti, altri inefficienti. Per quanto vi siano molti brillanti consiglieri del Labour, quel ruolo è spesso considerato solo il punto di partenza per una posizione migliore, o come ricompensa per aver fatto un buon lavoro porta a porta o di corrispondenza.

Ciononostante, il governo locale offre ai socialisti l’opportunità di fare esperienza con la pubblica amministrazione e con l’operatività nello Stato, ma anche di stimolare i movimenti e di fare qualcosa di buono per le rispettive comunità.

Per quanto la presenza dei socialisti nei governi locali sia aumentata negli ultimi anni, non si è sviluppato un programma coerente del socialismo municipale durante il mandato di Corbyn. Ci sono troppo poche storie di successo e quelle che ci sono, come Preston o Salford, sono insufficientemente note.

Eppure, sviluppare esempi di socialismo municipale è parte vitale della strategia socialista. La concentrazione degli iscritti al partito, incluso la parte di sinistra, nelle aree metropolitane è spesso vista come negativa, specialmente a seguito della perdita di così tanti seggi nei distretti di medie e piccole dimensioni alle elezioni generali del 2019. Gli sforzi di rafforzare l’appartenenza di partito e l’orientazione socialista nel cosiddetto “muro rosso” – le iniziative di Jon Trickett, Ian Lavery e Laura Smith – meritano il nostro sostegno. Ma la densità degli iscritti in spazi urbani cela ulteriori opportunità.

Il Corbynismo non era un mero fenomeno urbano, ma aveva maggiore presa senza dubbio tra la nuova classe lavoratrice emergente dei locatari, dei lavoratori precari e ultra-indebitati che si concentrano in città. Vi si trova un vasto gruppo di sostegno per politiche più radicali da parte dei consigli e dei governi cittadini. Il socialismo municipale potrebbe essere la risposta ai bisogni di tale gruppo.

Quest’opportunità per i socialisti potrebbe realizzarsi attraverso il Labour, che ha regole relativamente democratiche sulla selezione dei candidati consiliari. I socialisti dovrebbero compiere uno sforzo congiunto, con il sostegno di Momentum e sindacati guidati da sinistra, per rimpiazzare i consiglieri del Labour antisocialisti e favorevoli allo status quo con consiglieri socialisti e connessi ai movimenti.

Numerosi servizi potrebbero tornare in loco, paghe e condizioni di lavoro verrebbero contrattate in modo da creare nell’area solo lavori decenti e sindacalizzati. I consigli potrebbero favorire ulteriormente i sindacati appaltando servizi solo a imprese con rappresentanza sindacale. Gli spazi commerciali sfitti si potrebbero convertire ad usi sociali, per organizzazioni di comunità, gruppi di sostegno, movimenti sociali, così come luoghi da cui far nascere cooperative o spazi di mutuo soccorso. In tal modo i socialisti darebbero profondità all’organizzazione progressista e al sostegno comunitario già in essere nelle loro aree.

Una simile strategia non solo fornirebbe sostegno ai movimenti ma porrebbe le basi programmatiche per un governo Labour guidato dai socialisti, come fu il London City Council per il governo del 1945. Nel suo libro Red Metropolis, Owen Hatherley sottolinea i successi del London City Council negli anni ’30 nel fornire sanità gratuita, traporti pubblici e abitazioni di edilizia popolare e nell’amministrare i beni pubblici.

Il socialismo municipale di oggi potrebbe dimostrare a livello locale cosa si può ottenere a livello nazionale, budget partecipativi, edilizia popolare di massa, proprietà pubblica dei big data, persino un Green New Deal.

Leo Panitch sintetizzava i cambiamenti della sinistra degli ultimi anni come una svolta “dalla protesta alla proposta”. Per la prima volta in molti anni, prendemmo sul serio la possibilità di vincere la carica. Il recente fallimento non dovrebbe offuscare il nostro focus sullo Stato: se non ci prepariamo a usare quel potere, ci stiamo preparando al fatto che viene usato contro di noi. Non solo possiamo ottenere qualcosa di buono nell’immediato cercando di entrare nel governo locale, possiamo usare questo potere sia per rafforzare il movimento che le capacità degli attivisti di afferrare le redini del governo centrale alla prossima ondata.

Mentre ci impegniamo a scavare a fondo nel governo locale per preparare l’avanzata a livello nazionale, non possiamo credere che il socialismo si possa costruire in un solo Paese. Il capitalismo è un sistema globale, con catene di valore che si estendono dalle miniere in Cile alle fabbriche in Cina e agli evasori delle isole Cayman. Per costruire un’alternativa che affronti le crisi dinanzi a noi – la pandemia da Covid-19, il collasso climatico e il potere delle multinazionali – come socialisti dobbiamo espandere i nostri orizzonti internazionalmente.

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