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Veneto 2020: un’analisi del voto.

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di Carlo Cunegato

Abbiamo perso. Ancora una volta. Sempre peggio. Sicuramente queste elezioni sono il trionfo della tendenza alla personalizzazione della politica. Bernard Manin diceva che ormai il partito è sostituito dal leader. Aveva ragione. In Veneto la Lista Zaia, con il 44,57% dei voti, avrebbe vinto da sola. Senza i partiti. Un altro elemento delle nostre stanche democrazie è evidente: la rappresentanza è sostituita dalla rappresentazione. La democrazia diventa telecrazia. Non esiste più una realtà rappresentata dai media, ma la rappresentazione mediatica crea la realtà. La realtà non conta più. 1 miliardo su 5 di tangenti per il Mose. Non conta. Il fallimento di 2 banche esaltate da Zaia come espressione del territorio, con 120mila vicentini che perdono parte o tutto il patrimonio. Non conta. 300 mila persone avvelenate dai Pfas quando la Lega Vicentina sapeva tutto, e non ha detto niente, dal 2006. Non conta. Il declino della sanità pubblica, con 800mila veneti che ormai non si curano più. Non conta. La Pedemontana che doveva essere finita nel 2017 costando 3 miliardi, oggi non ancora finita e che ne costerà 12. Non conta. 30mila veneti che emigrano ogni anno. Non conta. In tre anni l’8% dei lavoratori giovani e laureati se ne sono andati. Non conta.

Cosa conta? Conta la capacità di suscitare una corrente di simpatia. Conta lo strabiliante talento di Zaia di rappresentare se stesso. La scena politica lascia il posto ad una messa in scena. Zaia diventa il padre autorevole, il padre che ti protegge. Zaia, che parla dialetto, diventa il vicino di casa buono a cui chiederesti aiuto. Zaia, come una rock star che si fa attendere, decide di stare in silenzio tutta la campagna elettorale. Il giorno prima del voto riappare affermando: “non ho fatto campagna, perché ho lavorato giorno e notte per voi veneti, per difendervi dal Covid”. Grazie. Stiamo molto peggio di 20 anni fa, ma tu sei buono e accessibile. Grazie. Mi chiudi l’ospedale ma sei uno di noi. Grazie.

Questo nella nostra regione è ancora più macroscopico, perchè in Veneto ci sono degli elementi che fanno pensare ad una democrazia distorta:

  1. Rifiuto del dibattito: Zaia fa il 90% delle assenze nel consiglio regionale, non partecipa ai confronti, i candidati leghisti fanno lo stesso.
  2. Culto della personalità: giornali che durante il Covid pubblicano lettere dei bambini che inviano cuoricini e fiorellini a Zaia, robe da Minculpop. Un fumetto inviato ai bambini delle elementari con Zaia che viene rappresentato come un eroe contro il Covid. Giovani Zalilla.
  3. Controllo dei media: la regione finanzia le televisioni locali, spesso casse di risonanza dello zaismo.

Partiamo dal presupposto che gli elettori non sbagliano mai. In democrazia se convinci vinci, sennò perdi. Se hai perso è anche colpa tua. Non vale neanche l’idea che se non ti votano non capiscono, sei tu che devi farti capire. Basta alibi, basta autoassoluzioni.

Però queste elezioni dimostrano che l’egemonia è così profonda e onnipervasiva da essere incredibile. Mai nella Storia della repubblica si arriva al 76%. Cosa è successo ad Asiago? Due manifestazioni partecipate da migliaia di persone contro la chiusura dei reparti dell’ospedale. Come è noto, o dovrebbe, la sanità è gestita dalla regione, quindi da Zaia. Ecco, ad Asiago Zaia prende l’83,88%, a Gallio, dove qualche giorno fa una donna ha partorito in casa, arriviamo addirittura al 89,4%. Quindi una comunità protesta contro la classe dirigente regionale e poi la vota quasi all’unanimità.

C’è qualcosa di profondo, prerazionale, abissale. Se non facciamo una riflessione seria su questo non andiamo da nessuna parte.

Che fare dunque? Continuare a raccontare la realtà, quella vera, impietosa, senza subalternità culturali di sorta. Dobbiamo essere in tanti a farlo, dobbiamo farlo tutti i giorni, con tutti i mezzi. Nel mio caso, questa pratica mi ha fatto prendere qualche voto. Forse funziona. Nell’Altovicentino la battaglia che da anni denuncia il declino della sanità ha limitato lo strapotere del Doge. Quindi ci vuole una opposizione radicale, coraggiosa, continua. Bisogna poi pensare alla costruzione in Veneto di qualche media che non sia filozaiano, che ci aiuti a demolire la propaganda autocelebrativa leghista. Altrimenti tra 5 anni non cambierà nulla. Infine è necessario fare una riflessione culturale, forse anche antropologica, sulla egemonia leghista in Veneto. Perché i veneti si sentono protetti e rappresentati dalle destre e da noi no? Non possiamo pensare, come in molti fanno, che la colpa sia del popolo. La colpa è sempre nostra, di chi fa politica, perché in democrazia per vincere bisogna convincere. Se gli altri vincono significa che sanno convincere e noi siamo meno bravi. Basta autoassoluzioni, basta alibi. Gramsci scriveva: “Il computo dei voti non è l’espressione del dominio della mediocrità, ma la manifestazione terminale di un lungo percorso di formazione delle opinioni collettive”. Non sono gli altri ad essere mediocri, siamo noi che dobbiamo, con fatica e tenacia, cominciare a costruire un percorso di formazione delle opinioni collettive, radicalmente diverso al modello di sviluppo leghista.

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